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Leonardo Bedini ci parla dello STOCCAFISSO ALL’ANCONETANA nelle sue “Storie e Leggende Marchigiane”. L’intervista di Francesca Travaglini.
D: Il nostro Peco, il nostro regista è un po’ addormentato, ma noi invece adesso lo svegliamo. Sto parlando di me Francesca, voi numeri uno e naturalmente Leonardo Bedini con le sue storie e leggende marchigiane. Ciao, ben ritrovato!
R: Ciao, buonasera.
D: Dove ci porti oggi? Che cosa ci racconti?
R: Oggi facciamo un giro lunghissimo parliamo di cibo, un simbolo delle Marche dell’anconetano: lo stoccafisso
D: All’anconetana per l’appunto.
R: Esatto, un piatto che più di tutti esprime la tradizione culinaria anconetana, ma aspetta io parlo di storie e leggende, quindi occorrono due veloci precisazioni: la prima è che baccalà e stoccafisso non sono la stessa cosa, la materia prima è la stessa il merluzzo, ma lo stoccafisso è seccato al sole e il baccalà è conservato sotto sale; la seconda cosa come tutte le cose tanto radicate nella tradizione, Io non voglio litigare con l’ Accademia dello stoccafisso e tu non vuoi la loro querela.
D: Ok, cerchiamo di non farci querelare.
R: Esatto. Non parlo della ricetta, ma della sua storia perché è una storia che sconfina nel mito e perché come ci è arrivato un pesce secco di una sperduta isola norvegese nel capoluogo delle Marche? È una tradizione che arriva da lontano nasce nel 1431 con un nobile Piero Querini che cercava Fortune commerciali fuori dal Mediterraneo e la storia assume un fumo di leggenda. Quest’uomo è partito da Candia con una nave carica di Malvasia legno o spezie con l’intento di raggiungere le Fiandre, ma ebbe qualche piccolo problemino. Si trovava al largo dell’arcipelago delle Isole Lofoten in Norvegia quando all’improvviso si scatenò una tempesta, la nave ingovernabile, il vento forte: naufragio assicurato. Il coraggioso capitano fu l’ultimo a abbandonare la nave, ma l’equipaggio in parte morì, purtroppo, tra i flutti. Lui però con una delle imbarcazioni riuscì a salvarsi e in balia dei venti raggiunse un isolotto, uno scoglio, era all’isola di Rust (spero di pronunciarla bene). Riuscirono a sopravvivere bevendo la neve sciolta e nutrendosi con i molluschi fino a che ci fu un intervento di vino trovarono spiaggiato un merluzzo enorme. Per cucinarlo e mangiarlo accesero un fuoco che richiamò l’attenzione degli isolani vicini. I poveri superstiti da queste persone del luogo vennero accuditi, accolti e nutriti. Qui avvenne la scoperta, il nobile Querini si accorse che questa gente si alimentava principalmente col merluzzo che lui conosceva stento. Era uno scaltro mercante e si accorse subito che se ne nutrivano in mille modi: fresco, salato, essiccato al sole… Passarono mesi e quando tornò la bella stagione il querini che era intelligente, incuriosito, decise di caricare una valanga di stoccafisso e riportarselo a casa; tanto era essiccato, era duro come il il legno. Tornato a casa dopo un lungo viaggio per mare e per terra portò con sé lo stoccafisso, ma lo scambiò lungo il tragitto con vitto, alloggio e trasporti; diffondendolo così dappertutto soprattutto per le principali città portuali tra cui proprio Ancona, ma quando arrivò qui in Ancona il pesce non era subito apprezzato, finché la sua storia cambia ancora una volta con l’intervento della Chiesa. Più di un secolo dopo durante il Concilio di Trento viene sancito l’obbligo di astinenza della carne per tanti giorni. Il popolo marchigiano era molto religioso, ma anche molto povero, direi al limite ‘’dei morti de fame’’, quando la Chiesa a un certo punto disse ‘’Ok vi raccomandiamo come piatto di magro lo stoccafisso’’ ed ecco che i contadini si ritrovarono le dispense piene di questo prodotto facile da conservare, nutriente e pronto a mille usi. Questo pesce, quindi, divenne un ruolo salvifico nelle diete della popolazione meno fortunata vessate dalle regole della riforma. Ora però serviva un commercio stabile dallo stoccafisso dalla Norvegia perché pare che sperare ogni volta in tanti naufragi sia brutto punto di vista religioso…
D: Beh eh…
R: Capito. Allora arriva uno si chiama Baldassare Vandergoes, un ricco mercante, che si era trasferito dai Paesi Bassi ad Ancona. Capì subito lo spirito marchigiano e decise di fare i soldi, quindi avviò nel 1600 l’importazione del merluzzo essiccato dalla Norvegia fino in Ancona. Lo stoccafisso divenne, così, un piatto famosissimo diffuso tra le tavole dei meno fortunati e, non solo, anche un legame tra la terra e il mare, perché le massaie anconetane lo cucinavano con i sapori dell’orto: sedano, cipolla, carote, patate. E’ proprio in questo modo che è nata la ricetta dello Stoccafisso all’anconetana. Ora lo so che lo stoccafisso costa molto, è diventato un piatto ricco e puzza da morire. Lo so, però dietro di sé collega, pensate, Ancona, le Marche, Venezia, la Norvegia. Bisogna cercare di essere curiosi perché dietro la cosa più semplice, che diamo per scontata, c’è sempre una enorme, grande storia.
D: Bellissimo, bellissima e una storia che poi si intreccia con la leggenda perché a volte noi le distinguiamo, storia e leggenda, però spesso e volentieri sono molto commiste no?
R: Anche questo merluzzo di 200 kg trovato sulla spiaggia per intervento divino è un po’ curioso, però ci sta
R: Sì, qualche dubbio ce l’abbiamo però è bello far volare anche la fantasia lungo le storie e le leggende marchigiane che il nostro Leonardo Bedini ci racconta ogni mercoledì, quindi appuntamento alla settimana prossima e grazie ancora.