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Come riconoscere il MOBBING e cosa possiamo fare per affrontare la situazione? Risponde a tutti i nostri dubbi il dirigente dell’ispettorato nazionale del lavoro Pierluigi Rausei. L’intervista di Francesca Travaglini.
D: Arriva anche il momento delle parole di lavoro con il dirigente dell’ispettorato nazionale del lavoro Pierluigi Rausei, ciao ben ritrovato.
R: Ciao Francesca, bentrovata a te e ai radioascoltatori.
D: Ecco non a tutti rilassa il mobbing, non come a Checco Zalone, allora proprio di mobbing parliamo Pierluigi, non è sempre così rilassante vero Pierluigi?
R: E’ una delle più gravi tragedie all’interno dei posti di lavoro pubblici e privati nel nostro paese, così come in altri paesi occidentali, il mobbing in realtà è una manifestazione di condotte, che il datore di lavoro o i colleghi di lavoro superiori o anche colleghi di pari grado o addirittura in qualche caso anche i subalterni mettono in campo nei confronti di un soggetto, che ad un certo punto dell’esperienza lavorativa viene ad essere in qualche modo vittima di scelte, a volte anche strategiche, per eliminazione dal posto di lavoro o in qualche modo depauperato, privato delle proprie prestazioni lavorative, è come se all’improvviso delle carriere, a volte anche luminose, vengono interrotte perché qualcuno si è messo di mezzo, il mobbing è l’insieme dei comportamenti vessatori, dei comportamenti negativi, che un lavoratore o una lavoratrice subiscono all’interno del posto di lavoro ordinariamente ad un certo punto della loro vita lavorativa e per determinati ambiti lavorativi in realtà questa manifestazione rappresenta una delle forme di lesione del dovere del datore di lavoro, di assicurare la tutela dell’integrità fisica e morale dei lavoratori, ne abbiamo parlato più volte in questa rubrica, c’è l’obbligo di garantire la salute e la sicurezza sul lavoro, l’articolo 2087 del codice civile, il nostro legislatore proprio quando si è trovato a scrivere le regole sulla sicurezza sul lavoro ha voluto prevedere che il datore di lavoro in quel documento, che valuta tutti i rischi, debba tener conto anche dei rischi elevati allo stress lavoro correlato, il mobbing è uno di questi, il mobbing è figlio di un pericolo, che all’interno di un’azienda, con alta conflittualità lavorativa o con conflittualità che renda l’ambiente di lavoro stressogeno possa derivare una condotta mobbizzante, i protagonisti del mobbing non sono soltanto chi fa mobbing, cioè il cosiddetto mobbid e chi lo subisce cioè il mobber, ma c’è anche una figura molto particolare, che è lo spettatore quello che la dottrina chiama sed mobber, cioè colui che sta lì e guarda ed è forse la persona più pericolosa perché quello che non parla, quello che tace, che vede la collega o il collega privato di lavoro, sempre più male dal punto di vista psicologico, fisico, che subisce il danno da mobbing e non ha nessuna reazione, ecco questo è uno dei fenomeni più dolorosi, perché in realtà il mobbizzato è una persona che soffre almeno tre volte, soffre perché la propria prestazione lavorativa viene totalmente svilita o parzialmente svilita, soffre perché i colleghi di lavoro non lo aiutano e non vanno in soccorso, soffre poi a casa, perché quando torna ovviamente non è quel soldato, quella soldatessa vincente, rispetto alla prestazione lavorativa che è stato fino a qualche mese o a qualche settimana prima o addirittura in qualche caso anche solo fino a qualche giorno prima e allora stiamo in guardia, perché dopo la pandemia i drammi psicologici che abbiamo tutti vissuto a causa del lockdown e di un modo nuovo di affrontare anche le problematiche della vita spesso accade che nei contesti lavorativi, qualcuno diventi vittima di qualcun altro reagiamo facendoci aiutare dagli specialisti, psicologi, psicoterapeutici, medici di base, perché di fatto parliamo di salute, parliamo di perdita temporanea di salute, in qualche caso particolarmente grave, in altri meno, ovviamente non tutto è mobbing, non confondiamo il collega che ce l’ha con noi, che reagisce ad un nostro sorriso, ad un nostro modo di fare in modo negativo, mobbing è quando una strategia si pone anche dal punto di vista di reazioni emozionali, si pongono contro di noi, quando c’è una volontà condizionata del datore di lavoro dei colleghi, dei superiori, di quelli che collaborano con noi rispetto all’attività lavorativa, anche perché per attivare il mobbing, sia come malattia professionale nei confronti dell’ina che lo tutela in termini indennitari, sia nei confronti del datore di lavoro che è obbligato a risarcire il danno da mobbing, a risarcire sia quello patologico materiale, che la lavoratrice o lavoratore abbiamo subito sia anche quello non patrimoniale, quindi il danno da mobbing è un danno importante, che ha una elevata valutazione in termini economici e finanziari a carico, il lavoratore deve dimostrare che ha subito quel danno, dimostrare che quel danno è legato alla condotta del datore di lavoro o dei colleghi di lavoro e anche per i colleghi, pagherà anche il datore di lavoro, badate, perché il datore di lavoro non ha l’obbligo soltanto di non fare lui condotte negative, ma anche di evitare che i colleghi di lavoro negli ambienti di lavoro si creino quelle situazioni e allora stiamo in guardia se stiamo male per il lavoro, può essere colpa nostra, può essere che non stiamo bene, che è il lavoro che non ci piace, che è una situazione, ma se stiamo subendo situazioni, che altri messi in campo per noi, facciamoci aiutare, c’è anche l’ispettorato del lavoro che ovviamente ascolta in sportello come attività di di accoglienza nei confronti de autore ci sono i patronati delle organizzazioni sindacali, c’è l’INAIL, insomma non siete soli, c’è l’azienda sanitaria, la AST del territorio, non siete soli, non soffrite di mobbing, perché il mobbing, per quanto Checco abbia provato a farci ridere e lo fa con quella sua capacità unica, non è una cosa da ridere assolutamente.
D: Bullismo, possiamo anche dire l’evoluzione 2.0 in ambito lavorativo.
R: Sì Francesca, hai detto giusto.
D: Grazie di averci insegnato a riconoscerlo, ma anche a darci qualche strumento in più per affrontarlo e attenzione giustamente come hai detto tu a non essere quel collega che guarda, che vede tutto, e poi non fa niente per aiutare.