Il Video
Con il dirigente dell’ispettorato nazionale del lavoro Pierluigi Rausei parliamo di sicurezza sul lavoro. L’intervista di Francesca Travaglini.
D: Nella rubrica parole di lavoro, con il dirigente dell’ispettorato nazionale del lavoro Pierluigi Rausei, ciao ben ritrovato.
R: Ciao Francesca, bentrovata a te e ai radioascoltatori.
D: Oggi parliamo e commentiamo il fatto dolorosissimo di Latina, comunque parliamo sia di caporalato, ma soprattutto di una persona lasciata a morire, che giustamente soccorsa, avrebbe potuto salvarsi, quindi veramente un fatto di una gravità inaudita, ma allora cerchiamo di trarre qualche deduzione a livello di sicurezza sul lavoro.
R: Sì ne parliamo da un punto di vista tecnico, ma soprattutto da un punto di vista di civiltà, la circostanza che un soggetto, datore di lavoro o persona anche senza ruoli definiti, decida di lasciare una persona con un arto amputato, anziché al più vicino pronto soccorso o presidio sanitario, mettendo l’arto amputato all’interno di una cassetta di ortofrutta, non ha una ragione significativa rispetto alla sicurezza sul lavoro, ha una ragione significativa rispetto alla civiltà, è il valore della vita che qui viene meno e questo giovane presunto pseudo imprenditore che lascia e fa questa scelta per non avere guai con la giustizia, con l’Ispettorato del lavoro in realtà, non solo fa una scelta scellerata dimostrando il valore zero della vita, ma fa una scelta che gli compromette qualsiasi ipotesi lavorativa, perché di fatto tra un infortunio che sarebbe stato gravissimo, ma la vita del lavoratore che si sarebbe salvata e la morte di Satran Sing è la differenza che c’è tra un reato di lesioni gravissime e reato di omicidio e quindi il danno che ora è stato provocato non è un danno di sicurezza sul lavoro, il problema allora è a monte su entrambi i profili, intanto cosa si intende per caporalato, noi lo abbiamo accennato lo scorso anno in un’altra puntata, il capolarato è quando una persona che ovviamente non ha una struttura imprenditoriale, si vanta di poter fare l’imprenditore, va a raccogliere persone, soprattutto accade nell’edilizia e nell’agricoltura ma oggi accade anche nella logistica, nei trasporti, anche nel terziario avanzato e porta queste risorse, senza regolare contratto, con retribuzioni ai minimi di povertà, presso luoghi dove vengono utilizzati e sfruttati in maniera indecorosa, contro questa vicenda il legislatore prevede già delle pesanti reazioni punitive e nel codice penale, c’è l’articolo 603 bis che punisce appunto lo sfruttamento lavorativo, il problema quindi non è strumenti misure di repressione di sanzione che nel nostro ordinamento manchino, il problema è un fatto culturale, il datore di lavoro è uno, quando noi abbiamo una filiera di appalti e subappalti e finiamo per capire chi è all’interno di quell’attività, che sta facendo il lavoro è lì, che si nasconde ai noi quel nido di esternalizzazione illegittima, illecita, criminale come in questo caso, dove i lavoratori non hanno più nessun valore, nessuna dignità e allora quello che il legislatore potrebbe fare e dovrebbe fare, non è soltanto aumentare controlli e ci stanno bene assumere nuovi ispettori e ci stanno bene, ma prevedere delle norme di presidio che impediscano a certe figure di trasmettere l’idea, che quella è impresa, anche perché l’impresa nel nostro sistema costituzionale, l’articolo 41 della Costituzione, è una libertà ma è una libertà condizionata, l’imprenditore non fa l’imprenditore, Tukur fa l’imprenditore rispettando sempre obbligatoriamente, ed è una previsione di carta costituzionale, all’articolo 41 l’ambiente, la salute e soprattutto la libertà, la sicurezza e la dignità della persona umana, ora qui è chiaro, che non c’è nessun imprenditore e che ogni qualvolta si fa un lavoro non c’è imprenditore e questo è il tema, caporalato dall’altro, c’è il tema sicurezza, dove continuiamo ad avere situazioni, nelle quali, le aziende continuano a fare finte valutazioni dei rischi, mentre la norma obbliga ad analizzare tutti i pericoli per valutare i rischi, spesso entriamo in azienda e i lavoratori non conoscono neppure i pericoli che corrono nella loro mansione, nel loro reparto e figuriamoci se sanno come sono stati valutati i rischi o se sanno perché il datore di lavoro gli ha dato, gli ha segnato dei dispositivi di protezione individuale obbligatoriamente da indossare, allora qui abbiamo un fattore culturale per tutti, intanto smetterla di considerare la sicurezza sul lavoro come un costo dispendioso, è un costo ma è un costo che salva vite, ed è un costo che permette di essere sulla vicenda del mercato del lavoro e del mercato produttivo, come protagonisti in maniera positiva, certo non è così, non è nel sistema attuale, perché in realtà oggi, il furbo che non applica la sicurezza sul lavoro e magari vende il prodotto, come magari, da quei campi usciva il prodotto a un x meno, rispetto all’altro, quello è furbacchione che la merce l’ha piazzata tutta, mentre chi paga la sicurezza, paga i lavoratori onestamente, finisce a volte che quella merce non la paga, nell’agricoltura questo è drammatico, ma è drammatico anche in edilizia dovremmo smetterla dal punto di vista di consumatori, o di costruttori, o di committenti, quando realizziamo ristrutturazioni di andare a chiedere il prezzo più basso, ma questo è un conflitto identitario, in cui la civiltà ci dice che se vogliamo salvaguardare ciò che rimane rispetto al valore umano del lavoro, occorre necessariamente fare una scelta sicurezza sul lavoro, è un costo gli appalti senza valutazione dei costi della sicurezza, ma sai Francesca quanti contratti ancora oggi, nonostante questa norma, sia in vigore da 16 anni non prevedono la valutazione delle somme che devono essere spese per la formazione, l’informazione, l’addestramento, i dispositivi di protezione, la valutazione di rischio specifico, la strumentazione adatta, insomma sto ragazzo si è fatto male in cantiere, perché questo è l’altro tema, nel cantiere in realtà, nel campo agricolo in questo caso, perché ha perso un braccio all’interno di una macchina agricola, ma se quella macchina fosse stata a norma, fosse stata mantenuta, e se avesse avuto i meccanismi di protezione necessari, ma quando mai una macchina non si interrompe prima di tracimare un intero braccio e tagliarlo di netto, e allora c’è qualcosa che non riporta, nel contesto della gestione delle imprese, dove il legislatore ha già le norme, ma occorre metterle in pratica, occorre un sistema che preveda l’obbligo necessario, prima di entrare da qualsiasi parte a lavorare, che sia agricoltura, che sia edilizia, che sia logistica, che sia terziario, che i lavoratori siano tutti formati sulla sicurezza sul lavoro, che abbiano ricevuto le informazioni reali di quelli che sono i pericoli e i rischi all’interno di quell’ attività lavorativa, che conoscano come indossare i dispositivi,, che sappiano come le macchine devono funzionare e quali sono le procedure e come devono essere svolte, se non facciamo questa svolta adesso non ci salveremo, perché l’evidenza è necessaria, ormai stiamo contando stragi su stragi, il numero degli infortuni sul lavoro, aumenta progressivamente nel corso di questi mesi, è un dramma che persiste rispetto a delle evidenze di soggetti che hanno un valore, danno un valore alla vita umana, che non ha più significato, e allora occorre ripartire, occorre un nuovo umanesimo dal punto di vista del valore, della persona umana, occorre riconsiderare al centro del mercato del lavoro la persona umana e davvero riscrivere, non le regole, ma le regole del vivere civile, intorno al rispetto delle persone o lo facciamo o ci perderemo, comunque la battaglia, perché la battaglia sugli infortuni in realtà non può, non partire dalle regole legali del lavoro e quindi assumere correttamente, trattare legalmente i lavoratori alle regole di comportamento e di gestione della sicurezza sul lavoro, ti faccio un esempio per ogni infortunio grave che noi abbiamo all’interno di ogni azienda medio grande abbiamo almeno dai 60 ai 600 episodi di cosiddetti Near Miss, e cioè quelli che sono i quasi infortuni, soltanto il 10% delle imprese italiane monitorano i Near Miss, cioè sanno quanti Near Miss, quanti quasi infortuni sono accaduti in azienda, ma se tutte lo sapessero e se avessimo l’esigenza di recuperare questo dato, noi potremmo davvero togliere di mezzo una buona percentuale di gravi infortuni, perché prima che arrivi il grave infortunio avremmo visto una macchina che ha avuto un mal funzionamento, non ha creato danni, non ha creato rischi, questo manca e allora su questo dovremmo tutti insieme lavorare a partire dai lavoratori.
D: Grazie mille al dirigente dell’ispettorato nazionale del lavoro Pierluigi Rausei con le sue parole di lavoro, torna martedì prossimo.