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Tra le varie forme di violenza domestica, spesso dimentichiamo di menzionare quella sui figli, tramite metodi educativi violenti: ne parliamo con il dr. Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e divulgatore scientifico. L’intervista di Francesca Travaglini.
D: Diamo il benvenuto al nostro ospite, lo psicoterapeuta e divulgatore scientifico dottor Giuseppe Lavenia, intanto benvenuto, grazie.
R: Grazie, buon pomeriggio a tutti.
D: Dottore, si fa un gran parlare, soprattutto ultimamente, giustamente, di violenza domestica, però spesso e volentieri si tralascia un tipo di violenza domestica purtroppo ancora molto diffusa, quella sui bambini; lei ne ha parlato sui propri canali social, quindi insomma: schiaffi ai bambini sì oppure no?
R: Assolutamente no, perché punire fisicamente un bambino non è mai una soluzione valida. Anzi, sappiamo che i bambini che vengono puniti sin da piccoli fisicamente rinforzano l’idea che i problemi e i conflitti si risolvano con la violenza, quindi in qualche modo li predisponiamo alla violenza, li predisponiamo a non saper gestire la frustrazione; gli ultimi casi di cronaca e di femminicidi, per esempio, che ascoltiamo, ci raccontano proprio di quanto abbiamo invece necessità di cambiare e trasformare questa falsa illusione che uno scappellotto, uno schiaffo, possa servire come modello e meccanismo educativo. Considerate che in questo momento in Italia il 22% dei genitori nella fascia 3-5 anni utilizza lo schiaffo come metodo educativo e crescendo con l’età si cresce con le percentuali per arrivare circa al 30% in età adolescenziale, quindi è qualcosa di diffuso e che dobbiamo assolutamente iniziare a modificare.
D: Ecco, quindi, banalmente, la violenza genera violenza, però qualcuno potrebbe dire “ma in un periodo di emergenza educativa, come fare quando si fa fatica ad imporre la propria autorevolezza sui figli?”. Come si fa a trovare un’alternativa?
R: Beh, dobbiamo intanto lavorare su di noi. perché molto spesso noi siamo incapaci, in questo momento, di dire no ai nostri figli e quindi appunto è il nostro modo di educare che forse dovrebbe essere messo in discussione; io qualche consiglio lo posso dare perché per esempio il dialogo dovrebbe lasciare il passo all’imposizione.
Cioè, il primo strumento che abbiamo noi come genitori è la parola e non dovrebbe essere la mano, quindi dobbiamo cercare di ritornare a parlare; molto spesso, guardi, le dico anche per l’esperienza clinica e terapeutica che ho, i ragazzi e i genitori non parlano più, non si parla più, non abbiamo mai tempo e quindi dobbiamo prenderci tempo per tornare a dialogare e dobbiamo essere un buon esempio e anche qui dobbiamo stare attenti a come noi ci rivolgiamo alle altre persone, perché i figli i nostri figli imparano per imitazione; molto spesso noi non siamo un gran bel vedere, anche in particolare, se ci pensate, anche nei social, perché i ragazzi ci osservano e poi appunto, visto che parliamo di adulti, la riflessione dovrebbe essere, come dire, uno dei concetti principali e non la reazione.
Quindi molto spesso noi reagiamo per impulsività. Dobbiamo forse tenere però a mente che la cosa più importante è quella di imparare a trovare dei metodi alternativi e quindi imparare anche a comprendere quando stiamo raggiungendo un limite, quindi riuscire a sbollire, no, a detonare un po’, le nostre labbra; e poi un po’ di supporto e non la solitudine, perché molto spesso noi genitori ci sentiamo soli; forse il confronto con altri genitori, anche con gli amici o con qualcuno, con qualche esperto, quando vediamo che non riusciamo a gestire bene la rabbia potrebbe essere molto molto importante.
D: Ecco, la tematica dell’esempio è fondamentale; giusto in chiusura: quello che vedo io, non sono madre, quindi non ho figli, però quando si dice “ma questi bambini stanno sempre davanti ai cellulari”, però in realtà vai in pizzeria, insomma in giro, trovi genitori che a loro volta non staccano gli occhi dagli schermi.
R: Eh, assolutamente sì. Siamo una generazione, io direi, a volte siamo paradossali: diciamo ai nostri figli di non usare lo smartphone a pranzo a cena e poi siamo i primi a utilizzarlo, quindi come dire, il buon esempio parte da noi, è da lì che dobbiamo iniziare ad effettuare il cambiamento. Un consiglio rispetto allo smartphone è che magari dovremmo adottare tutti delle buone regole e delle buone prassi, quindi al mattino senza smartphone almeno prima di fare colazione, la sera a un certo orario spegnerlo e poi il sabato e la domenica potrebbe essere del dialogo e quindi un’intera giornata una giornata detox dalla tecnologia fa sempre molto bene e, ripeto, ci obbliga in qualche modo a dialogare di più, sia i nostri figli con noi, sia noi con i nostri figli, e fare altre attività.
D: Dottor Lavenia, io la ringrazio e spero di averla di nuovo ospite a breve qui a Radio Linea n. 1.
R: Grazie, grazie, con piacere.